Venezia

Tutta Venezia - balbettii dei flutti adriatici, una vela rossa in una lontananza verde: tessuto trasparente attraversato dai merletti degli edifici arabescati, anneritosi nella corsa dei secoli coi suoi palazzi; noi, seduti nella gondola, parlavamo di lei: la terra in essa manca; l'idea della terra dei marinai che ha generato il sogno della terra dei marinai, e' Venezia. - Il sogno s'e' realizzato: con le verdi lontananze, le vele rosse dapprima; le vele raccoltesi, si sono ammucchiate, hanno costruito i contorni dei palazzi luminosi nei loro colori. - Guarda, gli spigoli del color dell'alba sulle pareti sono vere e proprie vele. - I contorni degli edifici coi secoli si sono oscurati - cosi', ricordo, parlavamo noi. Si', sotto lo splendore lunare delle lagune si sono distese le fantasie del mosaico di Zargrad (Costantinopoli). - Questo palazzo nero luccica come la nera sabbia della conteria su di uno scialle che vola distendendosi. - Cosi' parlammo piu' volte, contemplando la visione del merletto schiumeggiante, della laguna, dal balcone dell'albergo, sull'incurvato ponticello.

Andrej Belyi, Putevye zametki. I, Sicilija - Tunis. Mosca-Berlino, Gelikon, 1922. In: Ettore Lo Gatto, Russi in Italia. Roma, Editori Riuniti, 1971.

Venezia

Colombaia dorata sull'acqua,
d'un verde carezzevole, struggente,
e una brezza marina che spazza
la scia sottile delle nere barche.

Oh , quanti volti teneri e strani nella folla,
nelle botteghe lucenti balocchi;
un leone col libro su un cuscino a ricami,
un leone col libro su una colonna di marmo.

Come su un'antica tela scolorita,
il cielo d'un azzurro fioco si rapprende,
ma in questo pigia pigia non si e' stretti
e non ci opprime l'umida calura.

Anna Achmatova, La canna, 1936. In : Ettore Lo Gatto, Russi in Italia. Roma, Editori Riuniti, 1971

Venezia

Venni svegliato prima ancor dell'alba
da un colpo al vetro della mia finestra.
Siccome una petrosa cialda mezza,
tutta immersa nell'acqua era Venezia.

Tutto taceva intorno, e pur nel sonno
al mio orecchio era sonato un grido
che, come d'un cessato indizio sintomo
ancor sempre turbava l'orizzonte.

Aculeo di scorpione sullo specchio
era appeso di spenti mandolini
e, chissa', forse, da una donna offesa
da ignota lontananza era partita.

Spentosi, come una forchetta nera
venia fuor dalla nebbia fino al manico.
Con un bieco sogghigno il Canal Grande
come fuggisse, facea larga svolta.

Al di la' dell'approdo delle barche
nasceva la realta' del rotto sonno.
E dalle sponde, si gettava a nuoto
come una veneziana ora Venezia.

1913, 1928.

Boris Pasternak, Venezia. In Ettore lo Gatto, Russi in Italia. Milano, Editori Riuniti, 1971.

Strofe veneziane, 2, VIII
...
Scrivo questi versi, seduto all'aperto su una sedia bianca,
d'inverno, con la sola giacca addosso,
dopo molti bicchieri, allargando gli zigomi
con frasi in madrelingua.
Nella tazza si raffredda il caffe.
Sciaborda la laguna, punendo con cento minimi sprazzi
la torbida pupilla con l'ansia di fissare nel ricordo
questo paesaggio, capace di fare a meno di me.

1982

Josif Brodskij, Poesie italiane. Milano, Adelphi, 1996. Traduzione di Giovanni Buttafava.


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