Napoli

Ecco quel che Goethe scrisse di Napoli: "Qualunque cosa si sia detto, raccontato, disegnato, la realta' rappresenta assai piu di tutto cio'. Che rive, che baie, golfi, sobborghi, castelli, luoghi di divertimento!...ho perdonato a tutti quelli che sono impazziti per Napoli… io…io taccio del tutto e solo apro, spalanco gli occhi, quando qualcosa mi sembra troppo straordinario…". Il poeta Jakov Petrovic Polonckij, descrivendo i dintorni e le rive del golfo esclamo': "L'ombra del Tasso piange sull'amore"… io non ho percepito questo: dico: Goethe ha forse ragione; ma per quel che egli dice occorre penetrare profondamente lo spirito del luogo; la prima impressione non e' questa; non rivela pero' una menzogna; vedendo un volto coperto di eruzione cutanea, si puo' anche non notare subito che chi lo ha e' una figura; in una conversazione si puo' dimenticare la sua eruzione cutanea, ma l'eczema e' una malattia. Forse l'impressione di Napoli non mi ha svelato la sua vita reale; l'eruzione cutanea; questa eruzione cutanea e' la chiarezza dei colori; una chiarezza torbida; non la chiarezza della salute, ma la chiarezza della malattia; nell'afa perniciosa ardono di macchie vermiglie le gote del malato; ho veduto l'ardore delle case dai fianchi rossi; nella polvere del sole; e il paesaggio orientale, afoso, taglia gli occhi come le lame dorate dei raggi; si, Napoli e' entrata nella mia anima, come l'aguzzo pugnale di un furfante in abiti stracciati. Come se nella sinfonia dei violini in una serata focosa rimbombasse un colpo di tamburo: come un pagliaccio dal naso scuro, sanguinante e danzante.

Andrei Belyi, Putevje zametki, I, Sicilja-Tunis. Mosca-Berlino, Gelikon, 1922. In: Ettore Lo Gatto, Russi in Italia. Roma, Editori Riuniti, 1971.

Napoli

La canzone di Napoli risuona;
il faro ha lampeggiato ed e' scomparso.
La passione di Tristano e Isotta
non rattrista un tal cielo.
Nelle strade selciate con la lava,
ragliano gli asinelli diligenti,
su pei muri s'arrampica la vite
e vi sembran trastulli
il pennacchio di fumo del Vesuvio
e l'angolino qui nella taverna.
Ecco, hanno spinto il tavolo e afferrati,
come su un palcoscenico, i coltelli,
il morto han ricoperto col mantello
e Rosinella piange.

Col pesante merletto del balcone
e' ornata ogni finestra,
nelle stradette gobbe e' tutto buio.
Sempre piu' strana suona la canzone
ed il mare risponde
infrangendosi all'elegante riva.
La trasparenza azzurra
e di Capri il profilo all'orizzonte
son come la canzone, perche' dunque
mi penetra un tremore?
No, l'anima di nulla si rallegra -
Le rive rilucenti ed il leggero
arco del cielo son qui schiacciati
dalle Porte infernali.
Sento come urla il fuoco: debolmente
rischiarato, il Vesuvio e', si capisce,
solamente il cratere
di quella incandescente irreparabile
eterna morte. Come con l'inchiostro
la notte avvolge gli edifici sordi,
e s'udranno suonar solo i singhiozzi
delle anime in eterno condannate…

Nikolaj Ocup, Zizn i smert. Stichi, I, Parigi, senza editore,1961. In: Ettore Lo Gatto, Russi in Italia. Milano, Editori Riuniti, 1971.


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