Napoli
La canzone di Napoli risuona;
il faro ha lampeggiato ed e' scomparso.
La passione di Tristano e Isotta
non rattrista un tal cielo.
Nelle strade selciate con la lava,
ragliano gli asinelli diligenti,
su pei muri s'arrampica la vite
e vi sembran trastulli
il pennacchio di fumo del Vesuvio
e l'angolino qui nella taverna.
Ecco, hanno spinto il tavolo e afferrati,
come su un palcoscenico, i coltelli,
il morto han ricoperto col mantello
e Rosinella piange.
Col pesante merletto del balcone
e' ornata ogni finestra,
nelle stradette gobbe e' tutto buio.
Sempre piu' strana suona la canzone
ed il mare risponde
infrangendosi all'elegante riva.
La trasparenza azzurra
e di Capri il profilo all'orizzonte
son come la canzone, perche' dunque
mi penetra un tremore?
No, l'anima di nulla si rallegra -
Le rive rilucenti ed il leggero
arco del cielo son qui schiacciati
dalle Porte infernali.
Sento come urla il fuoco: debolmente
rischiarato, il Vesuvio e', si capisce,
solamente il cratere
di quella incandescente irreparabile
eterna morte. Come con l'inchiostro
la notte avvolge gli edifici sordi,
e s'udranno suonar solo i singhiozzi
delle anime in eterno condannate
Nikolaj Ocup, Zizn i smert. Stichi,
I, Parigi, senza editore,1961. In: Ettore Lo Gatto, Russi in Italia.
Milano, Editori Riuniti, 1971.
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