Intervista con Augusto Fonseca , traduttore, scrittore, insegnante.
Fare una intervista ad una persona straordinaria è sempre un piacere immenso per me. Parlando con persone interessanti, si possono conoscere tante cose nuove. Allora mi fa un gran piacere che Augusto Fonseca ha trovato gentilmente il tempo per rispondere alle mie domande. Spero che questa intervista avrà veramente un successo come tutte le altre che avete già letto sulle pagine del mio sito.
Augusto: La mia conoscenza di un discreto numero di lingue deriva quasi in modo naturale da un percorso di studi e di vita che non mi sentirei di attribuire ad un disegno preciso e prefissato, quanto, invece, ad una serie di fattori e circostanze che, in luoghi e frangenti diversi, mi hanno di volta in volta portato a scelte, risultate poi ai miei occhi le migliori in quel dato momento.
Augusto: Per rispondere a questa domanda sono quasi costretto a fare un lungo discorso (e chiedo scusa se non riesco ad essere più conciso).
Augusto: Il 1963 è stato l’anno della conclusione dei miei studi liceali, coronati da un superamento degli esami con la media di otto decimi. Questo mi ha consentito anche, quale premio da parte dei miei fratelli, il coronamento di un particolare sogno giovanile che da un paio di anni coltivavo con un caro amico (Antonio Federico, oggi professore universitario e studioso di fama internazionale nel campo della geotecnica): un viaggio nei Paesi d’oltre cortina. La paura, che ha contraddistinto non solo l’Unione Sovietica, ma anche tutti gli altri Paesi della sua sfera d’influenza ed ha roso e corroso svariate generazioni all’interno di quei Paesi, per noi, invece, costituiva quasi una sfida, un legittimo sospetto sulla veridicità informativa derivante dalla propaganda sia a favore sia contro il sistema comunista e sovietico, ed accresceva l’obiettiva esigenza di conoscere le reali condizioni sociali, economiche e politiche di quelle popolazioni.
Augusto: Desidero subito puntualizzare che i Paesi in cui ho tanto viaggiato sono tutti nel mondo orientale e quasi tutti di lingua e cultura slava, ad esclusione di Ungheria, Estonia, Turchia e Grecia. I soggiorni più lunghi, per ragioni di lavoro, e le frequentazioni, per ragioni di famiglia (mia moglie è polacca, come polacca è stata pure la prima moglie), sono avvenuti, in ordine crescente, in Unione Sovietica, Polonia ed ex Jugoslavia. L’interesse per la storia, cultura e lingua di quei Paesi era motivato prevalentemente dal mio orientamento professionale slavistico, indirizzo didattica e traduzione letteraria, che solo in quei luoghi, naturalmente, avrei potuto praticare. Non posso, tuttavia, nascondere una profonda simpatia derivante da orientamenti ideologici, ben radicati nella mia famiglia, che hanno sempre guardato con favore alle idee del socialismo. Dopo l’esperienza di Leningrado (novembre 1971 - luglio 1973), infatti, la mia candidatura era stata proposta a lettorati universitari di tre Paesi: Germania Federale, Spagna e Jugoslavia. Risposero positivamente, nell’ordine, la Germania e la Spagna, ma io, prima all’una e poi all’altra, convintamente rinunciai e volli attendere fino a quando, verso la fine di novembre, ebbi comunicazione che la candidatura in Jugoslavia era stata accolta, presso l’Università di Skopje.
Augusto: Leningrado, con la sua storia terribile ed eroica, con le sue notti bianche (d’estate) e i giorni neri (d’inverno!), gli splendidi palazzi, i monumenti, i parchi, i canali, le chiese, i musei, le biblioteche e i teatri; Leningrado, dunque, mi ha ospitato per due anni, consentendomi un arricchimento culturale ed umano che ha segnato una delle tappe fondamentali della mia vita. Molto caro mi rimane il ricordo dei miei studenti con i quali c’è stato un sincero rapporto di reciproca stima e amicizia. Mi colpiva il loro impegno e serietà di studio della lingua italiana, intesa non come materia di esame, ma come autentico interesse culturale. E poi le passeggiate fatte in loro compagnia per i canali e i ponti di Leningrado, le frequenti escursioni nelle incantevoli Puškin, Pjetrodvorjèts, Pavlovsk e nel grazioso centro di Sestrorjètsk, in cui ho praticato (con tante simpatiche avventure) l’equitazione. Di quel soggiorno potrei non finire mai di parlare, considerato anche il frequente incorrere in difficoltà di vario genere, connesse con la specificità del sistema comunista sovietico. Voglio, invece, menzionare almeno la straordinaria fortuna, che ritengo esperienza unica, preziosa e cara come una reliquia, di aver trascorso giorni e giorni ad ammirare capolavori d’arte nelle meravigliose saledell’Ermitage.
Augusto: Dopo due anni di lavoro come lettore di lingua e letteratura italiana all’Università di Leningrado (sarò pure nostalgico, ma non riesco a chiamare quella città “San Pietroburgo”! Al massimo, e solo familiarmente, “Piter”!), ho lasciato l’Unione Sovietica nel luglio del 1973, e non vi sono mai più tornato. Il viaggio di ritorno definitivo mi sembrò quasi un premio, considerato che potei usufruire di una straordinaria crociera con la motonave “Latvia” che, partendo da Odessa, toccò, anche se per poche ore, delle splendide città costiere del Mar Nero e del Mediterraneo: Varna, Burgas, Atene, e attraverso il canale di Corinto, Dubrovnik, Venezia e Bari (meta del mio viaggio).
Augusto: No, purtroppo! E lo dico con grande rammarico. Con grande piacere frequenterei in Russia qualche seminario di aggiornamento linguistico per traduttori letterari. Conservo in quell’enorme Paese molti cari ricordi personali legati a luoghi e persone conosciuti durante il mio soggiorno di lavoro all’università, come pure inoccasione di viaggi in molte località storiche e turistiche dell’URSS.
Augusto: Non ho notato grande differenza fra i primi anni ’60 e i primi anni ’70, periodi della mia esperienza in urss. Negli anni successivi le notizie e informazioni sull’Unione Sovietica sono state quelle ricavate unicamente dalla stampa e dalla radiotelevisione, sicché le mie personali impressioni sull’attuale Federazione Russa non possono avere nulla di originale. Tuttavia, molti fatti della cronaca politica, economica e sociale degli ultimi anni permettono di pensare che in Russia, come pure in molti Stati dell’ex urss, è iniziato (tra molte, e talora assai gravi, contraddizioni) un processo irreversibile di democratizzazione della società e di attenzione (sia pure a grande fatica) per i diritti del cittadino, che la modernizzazione delle condizioni di vita e dei rapporti politico-sociali sull’intero pianeta fanno emergere in modo ineludibile e in misura sempre crescente e sempre più articolata.
Augusto: Misteriosa, profondamente contraddittoria, sorprendente e affascinante.
Marina:Tra i tuoi progetti c’è qualcosa dedicato alla Russia? Augusto: Nei primissimi anni ‘90 mi aveva incuriosito la scrittura di Sjerghiej Anatol’jevič Sjedov del quale un mio amico di Novi Sad (già collega a Leningrado quale lettore di serbocroato e traduttore dal russo) mi aveva fatto avere in fotocopia il divertente libretto “Žil-byl Ljoša” (1991). Ho cercato in seguito di ottenere maggiori informazioni sull’autore, ma invano (anche se di recente, e solo grazie a te, Marina, ci sono riuscito). Nel frattempo, però, mi ero imbattuto nella straordinaria odissea dello scrittore e pensatore ebreo russo Julij Borissovič Margolin, che narra delle vicende patite in cinque anni di internamento in diversi campi sovietici di lavoro correttivo nel periodo della tragica e opprimente realtà onnipresente nell’urss degli anni precedenti e seguenti alla seconda guerra mondiale. La sua lettura mi hatalmente coinvolto, che ho deciso di includerlo nel progetto delle traduzioni per la Collana Slavica che curo presso un piccolo editore della mia provincia. Il lavoro della traduzione procede lentamente (ne ho realizzato appena un terzo, e si tratta di più di 600 pagine!), soprattutto per difficoltà di carattere finanziario. In realtà, considerato che i libri della collana vengono stampati a mie spese, sono costretto ad operare delle priorità in relazione all’incidenza dei costi e della disponibilità di eventuali sponsor. Ma il mio sogno, alimentato da una forte passione e da una profonda stima per l’autore e la sua opera, è di riuscire a pubblicarlo al più tardi entro il 2010.
Augusto: Mi limiterei ad un unico suggerimento, dopo la breve premessa che il visitatore di un Paese straniero, a mio avviso, è mosso o da forti interessi materiali o da puro desiderio di conoscenza. In generale, non solo nel caso di una visita in Russia, ritengo assai utile e gratificante, oltreché un bel gesto di cortesia nei confronti dei padroni di casa, l’acquisizione di informazioni generali sul Paese ed i luoghi che si intendono visitare e l’apprendimento di alcuni termini e brevi espressioni della lingua di uso quotidiano. Ciò contribuisce a creare un rapporto di simpatia reciproca, in quanto il padrone di casa apprezza l’impegno che per avvicinarsi a lui impiega l’ospite, mentre quest’ultimo ha modo di sperimentare la disponibilità all’accoglienza del padrone di casa. Per quanto mi riguarda, conservo e coltivo diversi rapporti d’amicizia che nell’arco degli anni vissuti nei Paesi slavi hanno avuto un’origine del tutto casuale per poi divenire preziosi e stabili punti di riferimento fino al giorno d’oggi. 18 novembre, 2008 Inviate pure i vostri commenti all'indirizzo di Augusto Fonseca. Visitate anche il sito di Augusto Fonseca www.collanaslavica.info . Sito contenente in prevalenza opere tradotte da diverse lingue slave, concernenti testimonianze e memoriali su Lager e Gulag. A conclusione dell’intervista ad Augusto Fonseca riportiamo due sue poesie (tratte dal libro Aperta la parentesi, Ragusa 1989) con molti riferimenti a Leningrado: |
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