Boris Leonidovic Pasternak (1890-1960) |
Amleto
S’è spento il brusio. Sono entrato in scena. Poggiato allo stipite della porta, vado cogliendo nell’eco lontana quanto la vita mi riserva.
Un’oscurità notturna mi punta contro mille binocoli allineati. Se solo è possibile, Abba padre, allontana questo calice da me.
Amo il tuo ostinato disegno, e reciterò, d’accordo, questa parte. Ma ora si sta dando un altro dramma e per questa volta almeno dispensami.
Ma l’ordine degli atti è già fissato e irremeabile è il viaggio, fino in fondo. Sono solo, tutto affonda nel fariseismo. Vivere una vita non è attraversare un campo.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
Autunno
Ho lasciato disperdersi i miei cari, tutti i miei cari sono da tanto chissà dove, e, nel cuore e nella natura, tutto è pieno della solitudine di sempre.
Ed eccomi qui con te in questo capanno, nel bosco senza nessuno e deserto. Come nella canzone, i viottoli e i sentieri già quasi li cancella l’erba.
Ora noi soli guardano rattristati i muri di tronchi. Non promettemmo di assaltare ostacoli, noi periremo a viso aperto.
Ci sediamo all’una e ci alziamo alle tre, io con un libro, tu con il ricamo, e all’alba non ci accorgiamo che abbiamo cessato di baciarci.
Più sfarzose e più sfrenate ancora stormite, scrollatevi, foglie, e con l’odierna angoscia fate che trabocchi l’intero calice di ieri.
Attaccamento, trasporto, fascino! Disperdiamoci nello stormire di settembre! Immergiti tutta nel fruscio dell’autunno! Vieni meno o esci di senno!
Tu l’abito lasci via, così, come il bosco lascia le foglie, quando cadi nell’abbraccio con la vestaglia dal fiocco di seta.
Tu sei il bene d’un passo funesto, quando vivere dà più nausea d’un male. Ma la radice della bellezza è l’ardire e questo l’un verso l’altra ci attrae.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
Convegno
La neve ricoprirà le strade colmerà i pioventi dei tetti, andrò a sgranchirmi le gambe: tu stai oltre la porta.
Sola, col paltò autunnale, senza cappello né galosce, lotti con l’emozione e l’umida neve inghiotti.
Alberi e steccati svaniscono lontano nel buio. Sola nel turbinio all’angolo stai tu.
Dal fazzoletto del capo scorre l’acqua dietro le maniche nel risvolto, e come gocce di rugiada tra i capelli brillano.
E da una ciocca bionda sono rischiarati: il volto, il fazzoletto e la figura e quel paltoncino.
La neve sulle ciglia è bagnata, nei tuoi occhi l’angoscia e il tuo aspetto risulta di un sol pezzo.
Quasi che come ferro bagnato in antimonio, ti avessero portato a taglio per il mio cuore.
In esso s’è in eterno fissata la dolcezza di questi tratti, per cui non ha importanza che il mondo sia spietato.
E percio' si biforca tutta questa notte nella neve e tracciare un confine tra di noi non posso.
Ma noi chi siamo e da dove se di tutti quegli anni sono rimaste chiacchiere e noi siamo scomparsi? (trad. Angelo Maria Ripellino) |
Esser famoso non è bello
Esser famoso non è bello non è questo che ci leva in alto. Non bisogna tenere un archivio, trepidare per i manoscritti.
Fine dell’opera è dare tutto di sé, e non il successo, lo scalpore. E’ vergognoso, quando non si è nulla, diventare per tutti una leggenda.
Ma bisogna vivere senza impostura, vivere così che alla fine ci si attiri l’amore degli spazi, che si oda l’appello del futuro.
E le lacune si debbono lasciare nella sorte, e non fra le carte, passi e capitoli dell’intera vita segnando a margine.
E immergersi nell’anonimo e i propri passi celarvi, come nella nebbia si cela una contrada, quando più nulla vi si vede.
Gli altri sulla viva orma seguiranno palmo a palmo il tuo cammino, ma la sconfitta dalla vittoria non tu devi distinguerla.
E neanche d’un minimo devi venir meno all’uomo, ma essere vivo, vivo e null’altro, vivo e null’altro sino in fondo.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
In ogni cosa ho voglia di arrivare
In ogni cosa ho voglia di arrivare sino alla sostanza. Nel lavoro, cercando la mia strada, nel tumulto del cuore.
Sino all’essenza dei giorni passati, sino alla loro ragione, sino ai motivi, sino alle radici, sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo dei destini, degli avvenimenti, sentire, amare, vivere, pensare, effettuare scoperte.
Oh, se mi fosse dato, se potessi almeno in parte, mi piacerebbe scrivere otto versi sulle proprietà della passione.
Sulle trasgressioni, sui peccati, sulle fughe, sugli inseguimenti, sulle inavvertenze frettolose, sui gomiti, sui palmi.
Dedurrei la sua legge, il suo cominciamento, dei suoi nomi verrei ripetendo le lettere iniziali.
I miei versi sarebbero un giardino. Con tutto il brivido delle nervature vi fiorirebbero i tigli a spalliera, in fila indiana, l’uno dietro l’altro.
Introdurrei nei versi la fragranza delle rose, un alito di menta, ed il fieno tagliato, i prati, i biodi, gli schianti della tempesta.
Così Chopin immise in altri tempi un vivente prodigio di ville, di avelli, di parchi, di selve nei propri studi.
Giuoco e martirio del trionfo raggiunto, corda incoccata di un arco teso.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
LuglioPer la casa gironzola un fantasma. Un calpestio sul capo tutto il giorno, un balenare d'ombre nel solaio. Per la casa gironzola un folletto.
Vagola in ogni dove a contrattempo, s’intromette in tutte le faccende, nella vestaglia striscia verso il letto, strappa la tovaglia dalla tavola.
Senza asciugarsi i piedi sulla soglia, irrompe in una raffica di vento e solleva la tenda-ballerina con un vortice sino al soffitto.
Ma chi è questo monello ineducato e questo spettro e questo sosia? È il nostro nuovo inquilino da poco arrivato, un villeggiante, un nostro ospite estivo.
Per il tempo del suo breve riposo l’intera casa noi gli cederemo. Luglio, l’aria di luglio con bufere prende da noi le camere in affitto.
Luglio che si trascina nel vestito peluria di soffioni e di bardane, luglio che penetra dalle finestre e parla sempre forte, ad alta voce.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
Non ci sarà nessuno a casa
Non ci sarà nessuno a casa, tranne il crepuscolo. Il solo giorno invernale in un trasparente spiraglio di cortine non accostate.
Solo di bianchi boccoli bagnati il rapido aleggiante balenio. Solo tetti e neve e tranne i tetti e la neve, - nessuno.
E di nuovo arabeschi intesserà la brina, e di nuovo mi domineranno lo sconforto dell’anno passato e le vicende di un altro inverno.
E mi schermiranno di nuovo per una colpa non ancora perdonata, e una fame di legna avvinghierà la finestra lungo la crociera.
Ma inaspettatamente per la tenda scorrerà il tremito di un’irruzione. Misurando coi passi il silenzio, come l’avvenire tu entrerai.
Tu apparirai sulla soglia, indossando qualcosa di bianco senza stranezze, qualcosa proprio di quelle stoffe di cui si cuciono i fiocchi di neve. (trad. Angelo Maria Ripellino) |
Notte d’inverno
Mulinava la neve su tutta la terra, in ogni dove. Una candela ardeva sul tavolo, una candela ardeva.
Come d’estate a sciame i moscerini volano sulla fiamma, precipitavano i fiocchi dal cortile sul riquadro della finestra.
La tormenta attaccava al vetro cerchietti e strali. Una candela ardeva sul tavolo, una candela ardeva.
Sul soffitto rischiarato si stendevano le ombre, incroci di braccia, incroci di gambe, incroci della sorte.
E due scarpette cadevano con rumore sul pavimento, e a lacrime la cera dal lucignolo gocciolava sull’abito.
E tutto scompariva nella foschia nevosa canuta e bianca. Una candela ardeva sul tavolo, una candela ardeva.
Sulla candela un soffio da un angolo e l’ardore della tentazione sollevava, quale angelo, due ali in forma di croce. La neve mulinò tutto il mese a febbraio, e senza posa una candela ardeva sul tavolo, una candela ardeva.
(trad. Angelo Maria Ripellino) |
Senza titolo
Suscettibile, mite nel quotidiano, sei ora tutto fuoco, tutto ardore. Lascia che la bellezza tua rinserri nel buio terem di una poesia.
Guarda come sono trasfigurati dalla lucente mondiglia dell’abatjour la stanzetta, il bordo della parete, della finestra, le nostre ombre, le nostre figure.
Siedi coi piedi sull’ottomana, sotto di te incrociati alla turca. Alla luce, al buio ugualmente ragioni sempre in modo infantile.
Infili su cordoncino trasognata un pugno di perline rotolate sull’abito. troppo triste il tuo aspetto, estremamente semplice e schietto il tuo parlare.
Volgare è la parola amore, tu hai ragione. Troverò un altro nome. Tutto il mondo per te, ogni parola, se lo vuoi ridenominerò.
Forse il tuo aspetto accigliato rivelerà dei sentimenti tuoi la vena metallifera, lo strato che in segreto riluce del cuore? Ma perché allora gli occhi rattristi? (trad. Angelo Maria Ripellino) |
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