Genova

Febbraio, sole. Il mandorlo fiorisce coi teneri fiorellini bianchi sui rami ancora nudi. I peschi hanno dei fiorellini rosei! Gli aranci sembrano oro nella verzura verde scura, e olezzano riscaldati dal sole. Dietro gli ulivi argentei che sembrano serpi col minuto fogliame palpitante, appare il mare color lilla. Aria dolce e leggera, e sulle colline ombre bluastre. Ombre che errano, come nuvole, senza principio e senza fine. Questa e' la Liguria, il territorio di Genova. Entriamo in citta'. Essa ribolle e rumoreggia d'un instancabile chiasso in tono maggiore, solare. Come se qui tutti fossero robusti e allegri. Tutti sono avvolti nell'aria dei mari lontani, nel sole, nel vigore, in una inestinguibile vitalita'. Sono tutti felici qua? La domanda e' strana, ma viene da se'. Il tono della vita qui lo danno, non quelli che sono in difficolta', che soffrono; questo e' un tono trionfante, giubilante. Ho girato per queste vecchie strade strette della citta' "bagnate dal mare". Ho visto come sia limitato lo spazio nelle altre citta' d'Italia, ma non si puo' non meravigliarsi di questa: case di quattro, cinque piani stanno una sull'altra. C'e' umidita', aria cattiva, e un raggio di sole e' una fortuna rara di un momento. Ho visto anche gli artigiani che lavorano nei sottosuoli, alle finestre sono attaccati dei riflettori che raccolgono la cara luce da uno stretto ritaglio di cielo azzurro, e la rimandano al lavoratore che aggiusta un tacco e rattoppa un paio di pantaloni. E il lavoratore canta, ride, scherza con le ragazze che passano…vive nonostante tutto. C'e' la muffa verde sulle mura di questa vecchia casa; le macchie di ruggine, color marrone le hanno corrose, e sulle corde tese si asciuga la biancheria, e dall'alto, dal quarto piano, calano un cestino per le provviste, per una lettera del postino, un secchio per prendere acqua. Al di sopra di tutto questo, un continuo parlottare, le risate delle ragazze che sbattono, camminando, le ciabatte di legno: l'antico irrequieto focoso cuore d'Italia. E ancor piu' giu', piu' vicino al mare, bettole, taverne, marinai, il porto, barili, argani, foreste di alberi di navi, e tra le rade, delle strisce libere, come fiumi argentati che portano via nel mare lontano, senza tristezza; e sopra di essi fumando, velando l'azzurro del cielo con ciuffi grigi di ardesia, passano lentamente le navi. Guardando il porto di Genova che si stende sotto i nostri occhi, si puo' sognare l'India, l'Australia, Ceylon, le lingue incomprensibili, della gente di carnagione scura, l'Asia enigmatica e, quanto al mondo antico, l'Africa, Tunisi, Cartagine.
Si accende il desiderio dello sconfinato, e si mette in moto la fantasia geografica. Non per nulla Colombo era oriundo di Genova. Probabilmente anch'egli era attratto da queste sconfinate vie marittime che al tempo suo sembravano pazzia, fantasma; adesso le navi partono tranquille con gli emigranti da Genova, e arrivano col carbone e col grano a Genova.
Ma saliamo piu' su, dal mare e dalla vecchia citta' verso la citta' nuova, che e' evidentemente assai prospera. Qui non ci sono piu' vicoli ciechi, fondaci. Le strade sono piene di luce, larghe; il tram tintinna, la folla corre di qua e di la', le case sono ricche, non molto eleganti, ma solide. A quanto pare, Genova non e' stata mai famosa per la sua architettura. Sebbene delle pretese ci siano. Cie' una Borsa lussuosa, ma un po' ordinaria, c'e' il teatro, anche pomposo, ma non eccezionale. E gallerie infinite, tanto amate a Napoli, a Milano, luoghi di commercio semplice, ma animato. Vedendo le case benestanti e ricche, ma non attraenti; la gente vivace, spigliata, ma senza quell'eleganza di razza, che si nota in Toscana e nel Lazio; ascoltando la lingua - i noti suoni italiani ma in un certo qual modo irrozziti nell'incomprensibile dialetto genovese: senti e ti vien di dire: e' l'Italia. Tutto questo e' l'Italia, ma soltanto in quell'aspetto che si puo' chiamare Afrodite Pandemos, Afrodite popolare. Perche' qui non c'e' raffinatezza, l'alto suggello di una cultura spirituale…

Zaicev Boris Konstantinovic, Italija. Berlino-Mosca, 1923. In: Ettore Lo Gatto, Russi in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 252.

Genova

L'entrata in Italia e', per l'uomo, come un avvenimento felice, un tratto luminoso nel ricordo…
Genova e' una citta' completamente italiana. Vi arrivammo per mare, all'alba di un'incantevole giornata di novembre. Quale meravigliosa bellezza, come sontuosamente questa citta' si e' estesa per il monte fino al mare! Gli edifici, le strade di Genova hanno un carattere del tutto originale; palazzi enormi, marmo, case alte come da noi, campanili e stretti vicoli senza fine, pieni di gente che lavora, mangia, canta le sue canzoni e senza tregua grida e agita le mani. E che popolo buono, eccellente gli italiani; me ne convinco ogni giorno di piu'; quanta affabilita', umanita', quanto allegro umorismo e spensierata bonomia; perfino le piccole bricconate, contro le quali hanno tanto gridato i turisti, sono piu comiche e allegre che ripugnanti, e si aggirano sempre intorno a cinque, sei baiocchi; imbrogliandovi, l'italiano fa un tale sorriso e tali occhi, e' cosi' contento e pronto a confessare che mente, che non vi basta l'animo di irritarvi. E notate che egli non si umilia mai, non e' simile ad uno schiavo…


Io sono fuggito dalla Francia, cercando tranquillita', sole, opere belle ed un ambiente in qualche modo umano, e tutto cio' non me l'aspettavo in Piemonte. E invece, appena messo piede in terra italiana, mi avvolse un altro ambiente, vivo, energico. Io debbo all'Italia la rinascita delle migliori speranze, di una rinnovata fede nelle mie forze e nelle forze degli altri; ho visto qui persone piene di vivacita, lacrime, ho visto qui che io stesso non ho disimparato a sentire fortemente. Sconfinata gratitudine al destino perche' mi ha fatto capitare in Italia in un tale gran momento della sua esistenza, in questo sereno, nobile Risorgimento, pieno di forza, di coscienza, e di quella bellezza che e' presente in tutto cio' che e' italiano, nel palazzo come nella capanna, nella donna elegante come nel pezzente in stracci…

Herzen Aleksandr Ivanovic: Byloe i dumi (Il passato e i pensieri), in Opere, in otto volumi. Mosca 1975. In : Ettore Lo Gatto: Russi in Italia. Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 188.


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