L’Arrivo degli Slavi nella Pianura Russa 

Può darsi che Erodoto nei suoi viaggi nella Scizia (più o meno il sud della Pianura Russa d’oggi) e in Tauride (la Crimea odierna) intorno al V sec. a.C. abbia sentito parlare degli Slavi (o meglio di Proto-slavi, data l’epoca) e, chissà!, ne abbia anche incontrati, ma purtroppo i suoi scritti non riescono a svelarcelo e non c’è alcuna gente da lui visitata nella Scizia o nella Sarmatia che sia da lui chiamata con qualche nome vagamente rassomigliante alla radice *SLAV- diffusasi, appunto!, molti secoli dopo (nel V-VII sec. d.C.). Dalle sue Storie dunque non possiamo mai partire per un’indagine perché sarebbe inutile ipotizzare quali tribù scitica da lui elencata possa essere stata l’antenata degli Slavi.
Avvertiamo il lettore che non siamo particolarmente affezionati a questo antico storico greco, ma siccome una delle fonti sulla storia russa è la letteratura bizantina non si può evitare di incontrare spesso le “classifiche etniche” in uso a Costantinopoli e introdotte proprio da Erodoto.
D’altro canto l’Impero Romano aveva creato un quadro storico talmente artificiale delle regioni più periferiche dell’Europa che, quando le migrazioni che ebbero luogo nel secoli IV-V proprio dal nord d’Europa verso il sud, questa “geografia romana” ne fu talmente sconvolta da non lasciare più alcuna possibilità di ricostruire con sicurezza quale fosse la sede degli Slavi o degli altri popoli che immigrarono nella Pianura Russa (ivi compresi i Baltici). E tuttavia è consolante che non sia così importante andare troppo indietro nel tempo giacché, per quanto ci riguarda, la storia russa comincia solo intorno alla prima decade del IX sec. d.C.
Per curiosità però vediamo di orientarci meglio raccogliendo ancora notizie che antichi geografi e storici ci forniscono sulla situazione delle aree del Nordest europeo.
Altri autori classici si interessarono di queste aree ed è Plinio il Vecchio che parla dei Veneti o Venedi a nord dei Carpazi, sebbene molti secoli dopo Erodoto. Se i Venedi sono appunto i primi slavi della storia, come cercheremo di capire più avanti, vediamo se di essi ne parlano altri autori. Tacito li dice fra i popoli del Baltico a contatto coi Germani ed infine Claudio Tolomeo nel II sec. a.C. li assimila alle grandi tribù Sarmatiche le quali, secondo Diodoro Siculo, sono una fusione fra tribù della steppa ucraina e i Sarmati di origini ancor più orientali.
Ci sono alcune teorie riguardo all’origine del nome Venedi o Veneti.
Innanzitutto ci colpisce l’assonanza di questo nome con le popolazioni dell’Italia nord-orientale e balcaniche. Queste genti però sono molto più antiche rispetto all’apparizione degli Slavi Vendi e quindi non potrebbero avere alcuna relazione con questi ultimi.
Sicché è un fatto che, quando qualche secolo dopo una grande confederazione di popoli si stanziò nelle zone della Polonia e della Germania del nord fino ai Carpazi e alle Alpi, quasi logicamente i vicini Germani affibbiarono loro l’appellativo Wenden in quanto non-germanici, ma probabilmente si riferivano alla popolazione illirica, i Veneti balcanico-italici, che già i Germani avevano incontrato sebbene quella popolazione fosse ormai scomparsa e che gli Slavi ne avessero preso il posto. Sarà lo storico dei Goti, Jordanes, che fisserà tale appellativo e lascerà che si diffonda d’ora in poi.
Ciò però non spiega poi il mistero come mai nel nostro Veneto già nel I sec. d.C. Plinio nomini la città di Tergeste (oggi Trieste) con una denominazione slava “moderna”, (lo slavo *T’rghešte significa infatti Mercato), ammenocché non si ammetta un’esistenza slava che è invece esclusa!
Nella famosa Tavola Peutingeriana del XIII sec. d.C. copiata da antichi documenti (fra cui sicuramente anche dalla Geografia di Claudio Tolomeo) appaiono ancora questi Venedi e il Periplus Marciani (più o meno della stessa epoca) li trova ormai localizzati sulle rive meridionali del Baltico dove il mare stesso è chiamato Golfo Venedico mentre i Carpazi sono denominati addirittura Monti Venedici! Questi dati però sono già molto posteriori…
Tutto quanto sopra detto già ci avvisa che gli Slavi della Mitteleuropa non si davano un etnonimo proprio, ma portavano tante diverse denominazioni e che Venedi/Veneti si riferisce propriamente ad una confederazione di tribù, più che ad una sola grande nazione.
Una fonte primaria, sebbene non sempre affidabile con sicurezza, è il già ricordato Jordanes che scrisse De origine actibusque Getarum ossia Origine e Imprese dei Goti nel VI sec. d.C., benché anch’egli si basasse su documenti anteriori ed è questo autore a fornirci molto materiale “accettabile” sugli Slavi.
Ad esempio, vi si parla del famoso idromele, il liquore alcolico fatto dalla fermentazione del miele (chiamato medos o miod), bevuto in un famoso banchetto funebre per la morte di Attila. Addirittura la stessa veglia è detta con parola slava strava!
Più avanti Jordanes parla delle conquiste di Ermanarico, re dei Goti, e dice:

Fra questi due fiumi (Danubio superiore e Istro ossia Danubio Inferiore) si trova la Dacia che quasi come una corona circonda le rocciose Alpi. Sulla zona pedemontana di sinistra (dei Carpazi) che declina verso nord, cominciando dalla zona dove ci sono le sorgenti della Vistola, su una regione immensa si è insediata la numerosissima tribù dei Venedi (Venethae) e, benché la loro denominazione va cambiando ai nostri giorni a causa delle diverse genti che la compongano e delle diverse regioni che queste vanno ad abitare, tuttavia prevalentemente hanno i nomi di Sclavini (Sclaveni) ed Anti (Antae). Gli Sclaveni abitano ad una certa distanza dalla città di Novietunum (probabilmente Noviodunum o Isaccea in Romania) e dal lago chiamato di Mursia (??) fino al fiume Danastrum (Dnestr) e a nord fino alla Viscla (Vistola). Paludi e foreste circondano le loro città. Gli Anti sono i più potenti, specie dove il Ponto (Mar Nero) fa una curva, allargandosi fino al Danaprum (Dnepr)… ”

E non è il solo. Anche Procopio di Cesarea nella sua Guerra contro i Goti e lo Strategikon, attribuibile all’Imperatore Maurizio (fra gli altri),  parlano dei Venedi che premono sul confine settentrionale dell’Impero e informano che questi si divisero in Sclavini che occuparono la regione della riva destra del Dnepr e in Anti che si distribuirono lungo il corso medio del Dnepr e del Dnestr, concordando quindi in linea di massima, con le informazioni date da Jordanes. Alcuni nomi di persona ricordati da questi ultimi autori sono poi indubbiamente slavi ed in particolare molto vicini nel suono e nell’etimo quelli che successivamente appaiono nei diversi documenti in cui sono coinvolti personaggi slavi orientali!
Ciò vuol dire che fra il V e il VI sec. delle tribù slave si stavano già movendo in direzione dell’Impero Romano d’Oriente e che esse si scontrarono con i suoi eserciti durante tutti gli anni seguenti, a poco a poco riuscendo ad accaparrarsi i territori della Penisola Balcanica in cui si stabilirono definitivamente e giungendo fino al Peloponneso.
Naturalmente non fu l’unica migrazione slava perché se ne innestarono altre in altre direzioni probabilmente sollecitate dai dominatori Avari che avevano mantenuto uno stato “confederale” slavo fino all’VIII sec. d.C., prima di scomparire.
Le migrazioni che a noi interessano sono proprio gli spostamenti verso nordest poiché fu in questo modo che i gruppi, ormai divisi per sempre, si differenziarono fra di loro, almeno e soltanto nella lingua, in Slavi Occidentali e Slavi Orientali.
Notiamo qui per chiarifica al lettore che, se la dicitura SKLAVENOS è un adattamento greco della parola SLOVENE o SLAVENE dell’antico-russo o paleo-bulgaro, abbastanza presente nei toponimi in tutta l’area, mentre al contrario il nome ANTI è completamente sparito!
Innanzitutto per l’assonanza non slava di questa parola (persiana, secondo alcuni linguisti) gli Anti potrebbero essere collegati con gli Alani dell’Anticaucaso più che con gli Slavi, veri e propri. E questo sembra confermarcelo Procopio di Cesarea quando dice che gli Anti si trovavano ai suoi tempi (VI sec. d.C.), non soltanto fra la riva sinistra del Danubio e il Dnepr, ma anche oltre: fino al Don e al Mar d’Azov! Vuol forse dire che gli Anti in posizione così lontana erano ancora vicino alle loro terre d’origine e che si sarebbero spostate col tempo verso occidente e poi verso nord o, invece, che erano arrivati fin là dalla lontana Mitteleuropa?
Il problema dunque rimane aperto. Esso sarebbe di minor importanza se non fosse stato caldeggiato da sempre dal prof. B.A. Rybakov che vede negli Anti gli antenati dei popoli russi che oggi si trovano nella Grande Pianura Russa.
La domanda è: Come mai quell’etnonimo è sparito? Forse non era proprio un etnonimo…
I reperti archeologici non ci permettono di scegliere una risposta sicura in questo caso. L’unica cosa che possiamo constatare è che gli Anti, se mai sono esistiti come popolo a sé già nella Mitteleuropa, movendosi verso nordest, trovarono davanti a loro le Paludi del Pripjat e dovettero o aggirarle da nord, passando dall’odierna Bielorussia, o da sud spingendosi ed inerpicandosi sui rilievi della Podolia  e della Volynia per poi stabilirsi intorno alle alture dove oggi si trova Kiev.
Torniamo un momento a Jordanes. L’autore a questo riguardo, menziona tutta una serie di popoli che, secondo lui, erano stati assoggettati da Ermanarico quando il re goto aveva fondato un grande regno nel sud della Pianura Russa. Descrivendo così l’itinerario del re e dei suoi uomini lungo le correnti d’acqua oggi russe e indicando le aree da lui toccate (era partito dal Baltico ed era  giunto fino al Mar d’Azov e in Crimea), già si riconoscono molte tribù baltiche fra i popoli che lì abitavano.
Dunque gli Anti, se furono proprio essi a penetrare per la prima volta nella Pianura Russa, incontrarono quelle genti giunte qui in precedenza, ma non vi furono grandi o soventi scontri, visto che… c’era spazio per tutti!
L’archeologia ci dà la prova di una situazione “abbastanza pacifica” poiché gli oggetti portati alla luce negli scavi delle famose tombe a tumulo (kurgany e sopki) comuni nell’area slava-orientale o dei “santuari” pagani (più rari) sono abbastanza mescolati nei loro caratteri distintivi e non sono facilmente attribuibili ad una cultura “slava” piuttosto che ad una “baltica” o “finnica”o addirittura “nomadica”. Essi indicano una promiscuità abbastanza avanzata probabilmente costruitasi attraverso matrimoni misti e cerimonie religiose a volte comuni!
Oppure ha ragione Procopio ad essere convinto che Anti e Sclavini non fossero poi genti tanto bellicose? Costui scrive:

“…poiché quelle tribù, degli Anti e degli Sclavini non hanno un unico governante, ma dai tempi più remoti vivono in “democrazia”. Per questi motivi gli eventi favorevoli o sfavorevoli della vita, il riuscire o il fallire nelle cose, sono sempre questioni di interesse comune. E in tutti gli altri campi le leggi e la vita di queste due tribù barbare sono identiche. Hanno un solo dio, creatore del fulmine che essi ritengono come il signore di ogni cosa e gli portano sacrifici di buoi ed hanno altri rituali sacri. Non riconoscono che ci sia un fato prestabilito o un potere che possa decidere del destino dell’uomo e quando la malattia o la morte impende o quando si trovano in pericolo in una guerra essi promettono al loro dio che gli faranno sacrifici (eccezionali) se ne verranno fuori incolumi. Adorano i fiumi e le ninfe ed altri dèi, fanno loro sacrifici e prevedono il futuro col loro aiuto. Vivono in povere capanne, sparse e lontane l’una dall’altra e spesso cambiano di sede. In guerra scendono a piedi contro il nemico con scudo e lancia nella mano, mai con un’armatura. Alcuni di loro non hanno né camicie né mantelli. Qualcuno ha dei pantaloni tenuti insieme da una alta cintura stretta sulle anche e vanno incontro al nemico vestiti così. Parlano tutti la stessa lingua, una lingua non raffinata, ma barbara. Né si differenziano fra di loro (nelle forme del corpo e nei tratti del viso). Si distinguono dagli altri (popoli barbari) per l’altezza e per la grande forza (delle membra), la loro pelle non è troppo bianca né troppo rosea, ma neppure troppo scura, solo un po’ abbronzata. Il modo di vita è simile a quello dei Massageti, rude, senza comodità, sempre coperti di porcherie, colpiti dalla povertà ma non dal male e tengono la morale semplice degli Unni…”

Maurizio ricevé un’impressione analoga:

“(Gli Sclavini e gli Anti) hanno modi molto simili di vita e di costumi e sono molto liberi, non sottostarebbero a qualsiasi schiavitù, almeno non nella loro terra. Sono molto numerosi e resistenti alle fatiche, sopportano senza problemi il caldo e il freddo, la pioggia anche quando manca loro il vestito o il cibo. Sono molto accoglienti verso gli ospiti e li accompagnano ovunque l’ospite chieda di andare, per proteggerlo, e quando l’ospite a causa di una loro svista soffre per qualche disgrazia ecco che colui che aveva affidato l’ospite ad un altro litigherà aspramente con chi lo ha trascurato perché si ritiene che l’ospite debba essere vendicato dell’offesa subita. Gli uomini che (questi barbari) hanno in cattività, non li detengono a lungo come fanno altre genti, ma solo per un certo tempo stipulato previamente. Dopodiché lo rilasciano e costui è libero o di rimanere dov’è, da libero, oppure di tornarsene al suo paese. In quest’ultimo caso è obbligato a pagare un certo indennizzo…”

Tuttavia non doveva essere tutto rose e fiori poiché da altre fonti sappiamo che gli Avari, dominatori di quel territorio occupato dalla “marea” slava, impiegavano queste genti proprio per contrastare l’Impero Romano con le loro scorrerie. Abbiamo una testimonianza (fine del VI sec. d.C.) in cui un avamposto imperiale aveva catturato una missione composta di slavi del Baltico che riferì che il loro popolo era stato spinto a scontrarsi con i Romani dagli Avari, ma di aver rifiutato “perché erano gente pacifica”! Certamente un’esagerazione…
Se questa allora è la situazione degli Anti, per quanto riguarda gli Sclavini riusciamo invece a trovare tracce della loro migrazione nella Pianura Russa allorché nella tradizione sulla fondazione di Novgorod-la-Grande sono implicati appunto gli Sloveni o Slaveni. Dunque una tribù di Sclavini aveva risalito i fiumi fino al limite dell’agricoltura praticabile e si era stabilita intorno al Lago Ilmen nel grande nord prima del IX sec. d.C.
E’ certo, e pure logico, che i primi migranti slavi a spingersi quanto più lontano possibile dal luogo d’origine dal lato sud delle Paludi del Pripjat furono i Vjatici e i Radimici i quali raggiunsero l’alto Volga e vennero a stretto contatto coi Bulgari e i Magiari dell’Okà (affluente del Volga superiore). Per di più all’analisi glottologica la parola Vjatici corrisponde bene a discendenti dei Vendi (*Vend-ic’) e i Vendi/Venedi li abbiamo già incontrati.
Oltre a ciò, enumerando le tribù slave della Pianura Russa è facile accorgersi che alcune di esse avessero “parenti” anche lontanissimi nella Slavia Occidentale e ciò non si può spiegare soltanto col fatto che i nomi di queste tribù fossero dati da altri estranei che si riferivano esclusivamente alle loro attività commerciali…
Dunque non solo gli Anti concorsero al popolamento slavo della Pianura Russa!
Concludendo, il quadro che si delinea è una serie di migrazioni a raggiera che partono più o meno dall’area fra l’Elba e l’Oder e si dirigono principalmente verso sud e verso nordest, nell’ambito delle grandi migrazioni dei popoli del nord meglio note nella storiografia tedesca col nome collettivo di Völkerwanderung e in quella russo-sovietica con Pereselènie Naròdov ().
L’unica questione rimane la datazione e la giusta sequenza di quegli spostamenti…
Alla ricerca di altre fonti più precise che ci permettano grosso modo di fissare dei limiti cronologici, non possiamo che rivolgerci, in primo luogo, alle Cronache Russe (una raccolta impressionante di pagine di scritto) compilate da monaci amanuensi…
In questa fonte “classica” il racconto, ahimè!, si riferisce esclusivamente alla vita e alle imprese delle élites al potere e pochissimo ci vien detto sulla gente comune, sulla sua eterogeneità e sulla consistenza numerica dei popoli, slavi e non slavi, e lascia che tutto vada interpretato “scavando” fra gli accenni e i doppi sensi innumerevoli. Data la loro specificità tuttavia, avvisiamo subito il nostro lettore, che le Cronache Russe saranno sempre la fonte principale alla quale attingeremo per le nostre tesi, non appena se ne presenti l’occasione, sebbene al momento le tralasciamo perché abbiamo scelto altre fonti “più laiche”.
Queste sono relazioni scritte da viaggiatori del IX-XI sec. provenienti dal mondo islamico, i quali, interessati al commercio con le Terre Russe, ci hanno lasciato molte pagine notevoli proprio sul popolo minuto più che sull’élite al potere. L’unica cosa che speriamo è che queste fonti siano state ormai “tutte” individuate e tradotte!
Senza entrare nelle questioni che competono alla loro veridicità e affidabilità, che diamo per accettate, cominciamo subito da un geografo del X sec. al-Istakhri (traduciamo dal russo dai lavori di A. P. Novoselzev) che scrive nel suo Libro delle Vie e degli Stati il brano seguente da noi stralciato:

I Russi. Di questi se ne conoscono tre raggruppamenti. Uno è vicinissimo ai Bulgari (ormai già mossisi dalla loro antica sede sul Volga e in movimento verso il sud della Pianura Russa, acm) e il loro re si trova nella città chiamata Kujaba (Kiev), più grande di Bolghar (la capitale bulgaradel Volga). Il raggruppamento più lontano è as-Slauija (la zona di Novgorod la Grande nel lontano nord, acm) e il terzo si chiama al-Arsanija, il cui re si trova nella (città di) Arsa (probabilmente è Rjazan’, città non lontana dal corso medio del Volga, acm). E la gente per commerciare viene a Kujaba. Per quanto riguarda Arsa non se ne sa molto perché tutti quelli che l’hanno raggiunta sicuramente sono stati uccisi dagli abitanti di quella regione che sono solite eliminare ogni straniero. Soltanto essi stessi scendono lungo il fiume per trafficare, ma non svelano a nessuno da dove vengono, delle loro merci e di dove le prelevano, né permettono ad alcuno di accompagnarli nella loro terra. Da Arsa esportano lo zibellino nero e il minerale di piombo. I Russi sono un popolo che bruciano i loro morti (…) e il loro vestito è una giacca corta (…) e questi russi trafficano con i Cazari, con l’Impero Romano e con i Bulgari (del Volga)…”

Qui (e così in altri testi di simile origine e contenuto) si possono individuare tre zone culturalmente importanti abitate dalle tribù slavo-russe e noi le sceglieremo per la nostra indagine.
Notiamo subito che nel I Confini del Mondo, una specie di enciclopedia geografica persiana con notizie risalenti al IX sec., i Rus’ sono tenuti a parte e vengono additati per la loro brutalità e per il loro modo di vivere selvaggio (almeno a parere dell’anonimo autore persiano).
Il fatto che questi Rus’, secondo lui (ma anche secondo altri), vivessero separati dalle tribù slave e addirittura gli sembra che non fossero neppure slavi, per noi è confortante poiché la nostra tesi è proprio che costoro fossero degli stranieri, solo successivamente slavizzatisi, quando decisero di negare persino le loro origini!
Secondo noi, i Rus’ erano Variaghi e, se teniamo presente che già in quest’epoca (VIII-IX sec. d.C.) bande variaghe frequentano le vie d’acqua russe, i conti tornano…
Andiamo però avanti e leggiamo quanto un altro “osservatore” musulmano, il geografo Ibn Rusté che scrive un po’ più tardi, intorno al 930, racconta degli as-Saqalibat (intendendo con questo nome - sicuramente molto generico – la zona dove si riforniva il traffico degli schiavi) ossia degli Slavi.

Il paese degli Slavi è piano e pieno di foreste ed essi vivono lì. Ed hanno delle specie di botti nei quali mettono il miele. Non coltivano la vite né coltivano i campi (come li coltiviamo noi, acm). Hanno delle specie di botti fatte di legno nelle quali pongono i favi e il miele. Loro li chiamano ulig’ (è chiaramente il russo ulei che significa arnia, acm) e da una botte di queste tirano fuori fino a 10 boccali di miele. Allevano i porci come noi alleviamo le pecore …. Gran parte delle loro coltivazioni sono miglio (Panicum sp.). Al tempo del raccolto prendono un secchio di miglio, lo elevano al cielo e dicono: O signore! Tu che ci hai dato finora il cibo, daccene ancora e in grande quantità! Hanno una loro bevanda inebriante ricavata dal miele!

E a questo punto possiamo rifarci finalmente alle Cronache Russe.
Le Cronache partono dal IX sec. d.C. e in esse si legge che in tempi molto antichi abitavano la Pianura Russa (ossia le terre Russe) i seguenti popoli slavi: “…Queste sono le genti slave della Rus’ (questo è il nome dello stato di Kiev nel XII sec. dove le Cronache cominciarono ad essere compilate, acm), i Poljani, i Drevljani, gli Slavi di Polozk, i Dregovici, i Severiani, quelli del Bug, e infine i Volyniani…”
Qui mancano i novgorodesi, ma probabilmente l’amanuense ha giudicato inutile nominare questi Sloveni/Slaveni per ragioni particolari a noi ignote.
Successivamente leggiamo che Igor di Kiev nella sua campagna militare del 944 d.C. ingaggiò “…i Variaghi, i Rus, i Poliani, gli Sloveni,  e i Krivici, i Tiverzi, e i Peceneghi…” E qui già vediamo che i Rus si trovano accanto ai Variaghi, denunciando così che alcune bande variaghe sono ormai slavizzate o comunque hanno fatto comunella con gli altri!
Nel 965 per opera di Svjatoslav di Kiev cade l’Impero Cazaro!
Questa potenza aveva dominato gran parte dei traffici fra nord e sud e addirittura aveva assoggettato Kiev e tutte le tribù slave fino al Volga (compresi Radimici e Vjatici). Una parte degli uomini che avevano accompagnato Svjatoslav nell’impresa sulla via del ritorno a Kiev decise di stabilirsi a Tmutarakan sul Mar d’Azov (più nota col nome moderno di Taman’) dove si formò così un quarto centro variago-russo intorno alla foce del fiume Kuban. Anche questa zona è riconosciuta nelle fonti arabe come slava…
Alla fine del X sec. la situazione del popolamento slavo è il seguente:
A Kiev ci sono i Poljani dominati militarmente dai Rus (ex variaghi), verso i Carpazi ci sono i Volyniani (Volynia e Podolia) e i Buzhani (lungo il Bug bielorusso). A sud di Kiev ci sono i resti dei Tiverzi e degli Ulici. Intono alle Paludi del Pripjat invece ci sono i Drevljani lungo il fiume Uzh (affluente di destra del Dnepr), a nord ci sono i Dregovici e i Krivici (bacino della Dvina Occidentale) e gli Smoljani. A nordest ci sono gli Slaveni intorno a Novgorod. Lungo il Volga ci sono poi i Radimici e i Vjatici.
Ed ancora, ma queste righe sono state probabilmente interpolate tardivamente, nelle Cronache si legge: “E queste sono le altre tribù che sono soggette alla Rus’ (che pagano tributo e non sono di etnia slava) Ciud’, i Merija, i Ves, i Muroma, i Ceremis’, i M’rdva, i Perm’, i Pecera, i Jam, , i Litvà, i Semigola, i Kors, i Noroma, i Lib…
Fra la Pianura Russa e il Mar Nero poi, ce n’è un’altra area abbastanza particolare da menzionare a parte: La steppa ucraina!
Questa ampia fascia di terra a sud di Kiev fu abitata anche da popolazioni slave (la Cronaca Russa nomina i Tiverzi e gli Ulici), ma queste poi, sotto le spinte di Magiari e Bulgari provenienti dall’alto Volga si concentrarono o sulle alture pre-carpatiche o oltre (come i cosiddetti Croati Bianchi) nel bacino inferiore del Danubio. Ai Magiari e ai Bulgari succedettero poi altre popolazioni di diversa provenienza (dal Caucaso e fin dalla lontana Asia Centrale).
Sicuramente molti usi e costumi nuovi entrarono di qui in area slava orientale e, sebbene solo molto più tardi, essi influirono sulla cultura delle popolazioni fin su nel nord e dovremo tenerne conto.

Aldo C. Maturano, 2006

 

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