Caro amico, io lo so
Caro amico, io lo so, ne sono profondamente convinto,
che il mio verso è senza forza, pallido e malato;
per la sua fiacchezza io spesso soffro,
spesso segretamente piango nel silenzio della notte…
Non ci sono al mondo sofferenze più forti che i tormenti delle parole:
invano sfugge talvolta dalla bocca un folle grido,
invano l’amore è talvolta pronto a bruciare l’anima:
fredda e meschina è la mia misera lingua!…
L’arcobaleno dei colori diffuso nella natura,
i suoni di armonioso canto spentosi sulle corde,
la sofferenza per l’ideale e le lacrime per la libertà,
come renderli con le usuali parole?
Come delineare in modo vivo, con timide pennellate,
l’immenso mondo che si distende dinanzi a noi
e il mondo spirituale, pieno di inquietudine,
e inserirli nelle misure di queste strette righe?…
Ma tacere, quando all’interno risuonano i singhiozzi
e con tanto ardore brami di placarli,
dinanzi alla minaccia della lotta e dinanzi al volto della sofferenza,
o fratello, io non voglio, io non posso tacere!
Sia che, come combattente, io non spezzi le catene,
sia che, come profeta, nelle tenebre io non getti luce:
io sono andato nella folla e insieme ad essa soffro,
io dò ciò che posso dare: un’eco e un saluto.
( trad. di W. Giusti)
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